Tabloid
Ricordi Italiani
Speciale Registi
Cineteca di Bologna
Ricordi Americani
Filosofia e Letteratura
I Nostri Maestri
Bellezza in Musica
Poesia
Registi Italiani
  Marco Tullio Giordana
  Dario Argento
  Carlo Vanzina
  Gabriele Muccino
  Enzo d'Alò
  Sergio Leone
  Roberto Rossellini
  Ermanno Olmi
  Valerio Zurlini
  Alessandro Blasetti
  Vittorio De Sica
  Maurizio Sciarra
  Giuseppe Piccioni
  Federico Fellini
  Emanuele Crialese
  Leonardo Pieraccioni
  Sergio Rubini
  Carlo Mazzacurati
  Piergiorgio Gay
  Luigi Cozzi
  Pasquale Scimeca
  Ciprì e Maresco
  Ettore Scola
  Fratelli Taviani
  Daniele Vicari
  Michele Placido
  Mario Monicelli
  Nanni Moretti
  Gianni Amelio
Top 10 della regia
Non solo Opera
Fotogallery
Dario Argento
Dario Argento, figlio d'arte, nasce a Roma il 7 settembre del 1940 dal siciliano Salvatore Argento, produttore cinematografico, e Elda Luxardo, sorella del fotografo brasiliano Elio Luxardo e fotografa anch’essa.
Iscrittosi al Liceo classico lo abbandona quasi subito, decidendo di scappare di casa. In questo periodo si vede costretto a vivere di espedienti come nella sua permanenza a Parigi, ad esempio, lavorando come lavapiatti.
Comincia la sua carriera nel mondo del cinema come critico per Paese Sera, manifestando da subito una forte attitudine per il campo, infatti diviene in un breve lasso di tempo vice critico del giornale in cui lavora, facendo già presagire i generi cinematografici che gli sono più affini come il western e soprattutto il giallo.
Sono i primi anni sessanta e le contestazioni sono di li a venire ma i pezzi che stende per il giornale sono spesso controcorrente, il giovane Dario è in grado di spiazzare il lettore con critiche incredibili che non hanno nulla a che vedere con la solita critica cinematografica.
Ed è così che in lui si fa strada l’idea di scrivere seriamente per il cinema come sceneggiatore, iniziando con Sergio Amidei in "Scusi, lei è favorevole o contrario?" di Alberto Sordi del 1967, poi "Una corda una colt" con Claude Desailly di Robert Hossein del 1968, ed a seguire "La stagione dei sensi", "La rivoluzione sessuale", "Probabilità zero, "Oggi a me...domani a te", "Comandamenti per un gangster", "Un esercito di cinque uomini”, "La legione dei dannati", "Metti una sera a cena", sino ad arrivare alla svolta della sua vita e carriera con l’incontro di Sergio Leone che, insieme a Bernardo Bertolucci, decide di proporgli lo script di “C’era una volta il west”, dando il via così ad una vita lavorativa sempre più intensa nell’ambito dello sceneggiatore.
Si concede una breve vacanza in Tunisia, o se vogliamo pausa di riflessione, in cui ha modo di pensare al soggetto di quello che diventerà il suo primo film “L’uccello dalle piume di cristallo” e dato che nessuno vuole imbarcarsi in un progetto di un esordiente tanto ambizioso, decide di mettersi in società con il padre, fondando la S.E.D.A che diventerà la casa di produzione con cui farà poi i suoi principali film.
È questo un esordio alla regia con i controfiocchi se si pensa al cinema giallo di quegli anni, infatti Argento inaugura un filone che poi sarebbe stato replicato innumerevoli volte lungo il ’70, quello del genere giallo-horror, scardinando la normale soggettiva per cui lo spettatore assisteva passivamente all’omicidio, infatti Dario getta il malcapitato direttamente nell’incubo, facendolo diventare esso stesso partecipe del crimine, così come aveva già tentato Bava in “Sei donne per l’Assassino” di Bava.
E perfetto diventano anche le musiche scritte da un altro maestro, Ennio Morricone, però nonostante tutto il pubblico è ancora scettico di fronte a questo giovane prodigio del cinema.
Non tutto però viene per nuocere, infatti dopo alcuni mesi il film inizia a guadagnare un discreto successo, almeno da permettere ad Argento di trovare i produttori per i suoi due prossimi film.
Nel 1971 dirige “Il gatto a nove code” che vanta anche l’interpretazione dalla star americana Karl Malden.
Non è ancora un vero successo, ed a detto dello stesso regista è sicuramente il film meno riuscito della sua cosiddetta “trilogia animalesca”, forse dovuto al fatto che ci si trova davanti ad un ibrido di difficile comprensione.
Argento non si da per vinto e dopo circa un anno è di nuovo alla macchina da presa per dirigere il suo terzo film, “Quattro mosche di velluto grigio”, quasi tutta la critica è concorde nel ritenerlo una specie di ritorno alle origini, ed un significativo passo avanti verso l’horror puro, l’atmosfera è per questo vicino all’incubo, in cui non si ha mai la netta divisione tra la realtà e l’immaginazione e dove l’assassino è sempre e solo accennato(da segnalarsi la presenza di Carlo Pedersoli, in arte Bud Spencer, in vesti a lui abbastanza insolite).
Dopo una mini serie di telefilm gialli realizzati per la Rai, dei quali Argento però dirige solamente due episodi:il primo intitolato “Il Tram” (sotto lo pseudonimo di Sirio Bernadotte), e l’altro “Testimone oculare” (che, nonostante venga firmato dal suo assistente Roberto Pariante, in realtà fu girato da Argento stesso) Argento si cimenta in una scarsa prova, “Le cinque giornate”, film grottesco e drammatico con protagonista Adriano Cementano, fallimento pressoché totale sia da un punto di vista di critica che di botteghino.
Ma la vita del giovane cineasta stava per cambiare e nel 1975 dirige il suo capolavoro, “Profondo Rosso”, reinventando di sana pianta il genere con cui era partito agli esordi, portandolo a livelli mai raggiunti da nessun altro regista di genere.
Si tratta di un film dove nessuno ha mai trovato il chicchessia difetto ed è sicuramente il miglio film “thriller” prodotto in Italia sia allora, sia oggi.
Da non dimenticare il principale apporto della musica dei Goblin che da sola basta a conferire un tono di angoscia all’intera pellicola, che segnerà una tappa importante sia nel cinema italiano, che in quella del film di genere e dove l’invenzione di un doppio, quanto inatteso finale, avrà una quantità infinita di epigoni sino al grande John Carpenter per il suo “Halloween”.
Con un lavoro di questo livello era difficile potersi riconfermare, l’unico modo per farlo era, come hanno già dimostrato registi della caratura di Orson Welles, cambiare completamente genere e cimentarsi in qualcosa di assolutamente nuovo, ed è così che viene proiettato il suo secondo successo “Suspiria” del 1977, dove sia l’atmosfera che la trama sono nel più puro stile horror. Come detto, Argento crea il suo secondo grande film, nonostante il fatto che la Fox aveva modificato molti aspetti della sceneggiatura di Argento, che seppe però mantenersi fedele a se stesso.
Grazie a questi due lavori, ora il cineasta romano può vantare ammiratori in tutto il mondo, e si può tranquillamente dire che può essere considerato il re dell’horror – giallo italiano, senza ombra di rivali.
Il successo arriva anche dal Giappone, dove “Suspiria” ha l’nore di essere trasmesso davanti ad una platea gremita, di oltre trentamila persone.
Il suo prossimo film non è altro che un seguito del suo precedente, in cui gli arcani che lo rendevano efficace, vengono cui tutti spiegati, togliendo un po’ quell’alone di mistero, il fascino però dello stile è ancora intatto, e per chi ama il genere non è certo una delusione, grazie alla collaborazione di Mario Bava, all’epoca è comunque un flop, rivalutato solo negli anni a seguire.
Argento allora decide di tornare a raccontare storie di truculenti quanto efferati assassinii con il successivo “Tenebre” del 1982 dalle tematiche classiche, con tanto di atmosfere che abbiamo ormai imparato a conoscere.
“Tenebre” riporta al successo ad Argento che tenta con il successivo film “Phenomena” (1985) una più forte commistione tra il genere horror ed il giallo.
Il cast vanta un ottimo Donald Pleasence, Daria Nicolodi, moglie del regista e dalla giovane e brava Jennifer Connelly, allora agli esordi, inoltre c’è un apporto massiccio di effetti speciali e di trucco, quest’ultimo prevale prepotentemente, in quanto la scena visivamente più forte, quella delle mosche che coprono la casa, è stata realizzata utilizzando mosche vere, attirate dalla carne marcita sulla casa, predisposta accuratamente.
Possiamo considerare la carriera del Dario Argento cineasta agli sgoccioli, per quanto riguarda novità incoraggianti, nei suoi prossimi film infatti non riuscirà più a ripetersi a questi livelli, incontrando sempre un maggior successo di pubblico ma una sempre minore stima da parte di critica.
È con questa premessa che proseguo nel mio racconto, infatti il prossimo film del regista è una brutta versione, quanto inverosimile, del Fantasma dell’opera, tema a quanto pare a lui abbastanza caro, oltretutto non avremo mai il piacere, o la fortuna, di vedere il film nella sua versione integrale poiché, essendo esageratamente violento, la censura italiana ha pensato bene di tagliuzzarlo qua e la per renderlo esportabile e visibile ad un vasto pubblico.
Tra l’ottobre del 1987 e il gennaio dell’anno, Argento si prende un’altra pausa, dal lavoro di regista però, infatti partecipa al programma televisivo “Giallo – La tua impronta del Venerdì” condotto da Renzo Tortora su Raidue. Oltre a presentare un suo “angolo” speciale con ospiti e filmati tratti dai suoi più celebri thriller, il regista produce la serie di gialli “Turno di Notte” affidandone la regia a Luigi Cozzi e Lamberto Bava.
Il regista stesso invece si occupa di dirigere alcuni mini-film dal titolo “Gli Incubi di Dario Argento” della durata di circa tre minuti ciascuno. Tra questi alcuni si segnalano per lo loro crudezza: “Riti Notturni” in cui si parla di riti voodoo, “Amare e Morire” che è incentrato su uno stupro e “La Strega” (il più riuscito)che , prendendo spunto dal famoso racconto “Gioco d’ottobre” di Bradbury, racconta la festa di una bambina per il suo compleanno, durante la quale, il padre della piccola massacra la moglie e poi “gioca” con il suo cadavere. Infine “Sammy” in cui Babbo Natale diventa un orribile mostro.
A cavallo tra gli anni ’80 e ’90, in veste di produttore, fa dirigere all’amico soavi due film di scarso livello come “La Chiesa” e “La Setta” e poco dopo viaggia in America per dirigere un film, formato da due episodi, con il suo amico George Romero. Gli episodi sono tratti da due dei più famosi racconti di Edgar Allan Poe: “La verità sul caso di Mr. Valdemar” e “Il gatto nero”.
Il regista si concentra soprattutto su quest’ultimo, dirigendo da par suo e regalandoci un prodotto di buon livello, merito maggiore va comunque alla ottima interpretazione di Harvey Keitel.
Si arriva così al 1993, anno di “Trauma” con il quale Argento divide critica e pubblico, i più lo bollano come prodotto mediocre, anche se ben confezionato, dove nulla si aggiunge a ciò che è stato già detto nei precedenti film.
Il film segna anche l’inizio del sodalizio, di breve durata, con la figlia Asia, che non darà però gli stessi frutti come con quello con la mogli Daria Nicolodi.
Il successivo “La sindrome di Stendhal” (1996) non fa che confermare ciò che fin d’ora detto, infatti, nonostante la rgia sia di Dario Argeno, il film risulta scadente sotto quasi tutti i punti di vista, se si escludono i sogni onirici all’interno dei quadri degli Uffizi ed Asia Argento non è all’altezza della situazione, diventando addirittura irritante in certi punti della pellicola. Ma se speravamo che fosse solo un alone di passaggio, ci eravamo purtroppo sbagliati, infatti la totale decadenza viene confermata con l’imbarazzante, ed a tratti veramente ridicolo “Il Fantasma dell’opera”, che è forse ancora peggiore. Si tratta dell’ennesimo riadattamento cinematografico del romanzo di Gaston Leroux.
Delle interpretazioni preferisco soprassedere e parlarne in sede diverse, se proprio ce ne fosse il bisogno.
Si arriva così all’anno duemila, con una serie di film fallimentari alle spalle e voglia di fare meglio, ma il rinnovo sostanzialmente manca, il film che doveva segnare il grande ritorno di Dario Argento “Non ho Sonno” è ancora una di quelle care al regista e persino le ambientazioni (Torino), non variano dal suo capolavoro “Profondo Rosso”.
Dato che vogliamo bene al regista, invece di totale involuzione ed impasse creative, parleremo di autocitazioni, infatti il film ne è zeppo, dagli stili degli omicidi, alle musiche (questa volta di Asia Argento) e persino gli interpreti nelle interpretazioni.
Se escludiamo poi gli attori veri come Max Von Sydow, il già citato Gabriele Lavia e Rossella Falk, gli altri sono assolutamente da dimenticare, ed anche il pubblico non accorre più numeroso ormai.
Invece, cosa che prima non accadeva, di un certo livello può dirsi la parte di film sulla carta stampata, lo script, che si avvale anche della collaborazioni, non indifferente per il caso, di Lucarelli, noto giallista.
Arriviamo al 2004 con un secondo appuntamento che ormai non sembra smettere di deluderci, infatti sembra che qui il regista stesso si sia divertito a togliere tutto ciò che lo rendeva grande lasciando una totale idea di desolazione cinematografica.
"Il Cartaio", promesso come la risposta italiana a Dogma di Lars von Trier, non sembra proprio un film del citato genere, e si rinuncia anche ai soliti omicidi efferati con tanto di dettaglio, dato che tutto è visto attraverso la qualità di una web cam e dispiace dire che anche gli attorio, tra cui la brava Stefania Rocca, sembrano spaesati e persi all'interno di una trama incredibile quanto mai improbabile.
Dato che vogliamo comunque bene al nostro maestro del brivido, speriamo sempre che il prossimo film sia un capolavoro, e nell'attea tentiamo di dimenticare le ultime fatiche per ritornare alle sue mirabolanti origini.

La sua Filmografia Completa è:

Il Cartaio (2004)
Non ho sonno (2001)
Il Fantasma dell'opera (1998)
La Sindrome di Stendhal (1996)
Trauma (1993)
Due occhi diabolici (1990) (Nell'episodio "Il Gatto Nero")
Opera (1987)
Phenomena (1985)
Tenebre (1982)
Inferno (1980)
Suspiria (1977)
Profondo rosso (1975)
Testimone oculare (1973) (TV) (non accreditato)
Il Tram (1973) (TV) (Accreditato come Sirio Bernadotte)
Le Cinque giornate (1973)
4 mosche di velluto grigio (1971)
Il Gatto a nove code (1971)
L'Uccello dalle piume di cristallo (1970)
Un Esercito di cinque uomini(1969) (non accreditato)
Probabilità zero (1969)
Oggi a me... domani a te! (1968) (co-direttore)